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foglie d'autunno

  • Immagine del redattore: rossanazancanaro
    rossanazancanaro
  • 6 mag
  • Tempo di lettura: 3 min

Breve intro

Questo è il primo capitolo di una storia che ho iniziato moltissimo tempo fa, e che prima o poi riprenderò in mano.

Per il momento esiste solo questo breve pezzo, che si sostiene anche da solo e che quindi ho deciso di condividere qui.


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Ci conoscevamo fin dai tempi delle scuole, Demetra ed io.


Beh, conoscersi probabilmente è un verbo un po' eccessivo. Diciamo pure che io sapevo chi fosse lei, e lei sapeva chi fossi io, forse, anche se di questo non sono completamente sicura. Quantomeno non all'inizio.


La vidi per la prima volta a scuola.


Frequentammo la medesima scuola media di periferia, e le scuole medie di periferia hanno un modo tutto loro di masticare quelli che ci finiscono dentro; se non si è ragazzi di strada già per conto proprio si ha una buona probabilità di diventarlo, in qualche maniera, oppure di trascorrere tre anni da parìa.


Non facevamo parte della stessa classe, noi due, e anzi avevamo perfino un anno di differenza: io più grande e lei più piccola, anche se non si sarebbe mai detto perché lei è sempre sembrata più matura della sua età, complice quel modo di fare tutto suo così silenziosamente autoritario, come diffondesse un'attrazione gravitazionale inevitabile tutto attorno a sé, cui nessuno o quasi poteva resistere. E comunque, anche io ho sempre dimostrato meno della mia età, perciò le parti sono sempre parse scambiate, fra noi.


In ogni caso la più grande delle due ero io, e la vidi la prima volta qualche giorno dopo l'inizio della mia seconda media, in un corridoio, visto che ci era vietato trascorrere la ricreazione all'interno dall'aula.


Mi domandai chi fosse, e poi mi domandai come avessi fatto a non notarla il primo giorno di scuola, quando i primini spauriti ci erano letteralmente passati di fronte per la consueta riunione in aula magna, prima dell'inizio effettivo delle lezioni.


Mi dissi che erano tanti, i primini, quell'anno.


Mi dissi che a me, il primo giorno di scuola, non me ne era importato nulla di loro. Li avevo guardati solamente per poterne ridere con Giada e Marcello, i miei migliori amici, sghignazzando alle loro spalle dell'aspetto teso e terrorizzato che avevano. Che avevano tutti, che avevamo avuto tutti, anche noi, solamente dodici mesi prima, anche se sembravamo averlo già dimenticato.


«Sono piccolissimi» aveva detto Giada, anche se non era vero, lei che a dodic'anni già era alta un metro e sessanta abbondante.


«Noi non eravamo così bassi e patetici, no?» avevo ridacchiato io, anche se nuovamente non era vero. Ma a nessuno di noi importava, l'unica cosa importante erano le risate, il nostro personale divertimento: qualsiasi fonte andava bene.


Portava i capelli più lunghi, quel primo giorno che la vidi, Demetra. Biondissimi come sono sempre stati, costante nel tempo tra i suoi e i miei e i nostri mutamenti, e lunghi fin oltre le spalle, lisci ma un po' ondulati, disordinati in maniera perfetta come solo i suoi capelli sapevano acconciarsi, da soli, che "tanto non c'era niente da fare con loro", come lei ripeteva sempre a chiunque le chiedesse come li pettinava. E portava dei semplicissimi jeans a vita alta con una felpa coloratissima arricciata dentro, larga più di quanto sarebbe dovuta essere per star bene addosso a un corpicino così minuto, con le maniche lunghe che le coprivano parzialmente le mani.


Rideva chiudendo leggermente gli occhi, in quel modo particolare di cui avrei imparato a memoria ogni sfumatura anche se allora non lo sapevo, assieme a un gruppetto di amici, maschi e femmine tutti raccolti con lei, anche se a uno sguardo più attento si capiva subito quanto la maggior parte di loro fosse raccolta attorno a lei. Richiamava le persone come una stella con asteroidi e comete: inevitabilmente.


Era settembre.


Le foglie sugli alberi appena fuori dall'istituto iniziavano a perdere il verde sostituendolo con i colori caldi e secchi dell'autunno.


I ragazzi più grandi in skate e quelli più piccoli in bici correvano su e giù davanti alla scuola nonostante fosse vietato.


Giada, Marcello ed io ci lamentavamo della nostra classe situata al terzo piano.


Le prime rondini iniziavano a prepararsi per migrare verso l'Africa.


Demetra frequentava la prima B.

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