Esercizi di scrittura 1 - Macchina del tempo
- rossanazancanaro

- 23 mar 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 28 mar 2023
Finalmente un’azienda ha brevettato la macchina del tempo e cercano persone che vogliano testarla. Ti offri come volontario: racconta la tua esperienza.
«Volete che vi descriva la mia esperienza? Le mie sensazioni, quello che è successo, le mie considerazioni?» sbuffo, impregnando l’ultima parola di tutto lo scetticismo che ho in corpo.
I dirigenti e gli analisti della “Spedizioni e Trasporti f.lli Bianchi” si agitano sulle sedie. Vogliono sapere tutto, tutto e subito, li vedo. Fosse per loro, registrerebbero con quella telecamerina puntata su di me ogni respiro che ho esalato dall’altra parte. E probabilmente tutto quello che dirò finirà su giornali, riviste, TG, e chi più ne ha più ne metta. Per non parlare delle prove video. Verranno distribuite worldwide… solo se mettono in buona luce l’azienda, s’intende.
«Ebbene signori» sospiro drammaticamente, «la mia prima considerazione è che il viaggio è stato… tremendo. Peggio di così non poteva andare». Un brusio sconcertato si diffonde nella sala conferenze, ma io non mi lascio interrompere. «Quel seggiolino!» riprendo. «Scomodissimo: duro, per nulla sagomato, fissato male e senza schienale! Viaggiare in quelle condizioni è stato un vero incubo. Per non parlare… »
«Signor Costa». Uno dei tre f.lli Bianchi mi interrompe per davvero, questa volta. «A noi interesserebbe, ci piacerebbe molto… arrivare alla parte in cui lei parte» spiega con un tono tutto latte e miele che mi farebbe alzare gli occhi al cielo, se solo quest’uomo non fosse uno di quelli che mi ha appena riempito di soldi, per ‘sta prodezza del viaggio nel tempo.
Sospirando muovo la mano davanti a me in cenno di concessione. «Così sia. Ma questa, mi duole affermarlo, è un’altra serissima criticità. Il fatto è… » esito per creare un po’ di suspense, «non è accettabile che non si possano scegliere le coordinate temporali di arrivo» sbotto. Sì, certo, va bene: l’elastico- come lo chiamano loro, ha una gittata di qualche centinaia di anni, quindi non avrei rischiato di finire nel paleolitico, o peggio… in un’era in cui la terra non era ancora formata a dovere; rabbrividisco al solo pensiero. Però è ugualmente inaccettabile. Chi vorrebbe viaggiare nel tempo a casaccio?
«Chi vorrebbe viaggiare nel tempo a casaccio?» ripeto ad alta voce. «Ma comunque, immagino conosciate già questo problema» aggiungo scuotendo una mano davanti al viso con noncuranza, «ed io sono stato relativamente fortunato. Ma partiamo dal principio». Mi accomodo contro lo schienale della sedia e intreccio le dita in grembo, pronto a fornire il mio resoconto. «Innanzitutto, l’abitacolo: non è male, non lo definirei accogliente… ma per quanto piccolo riesce a non essere claustrofobico. Leggermente inquietante il momento in cui sono stato chiuso dentro dal vostro operatore, ma suppongo non ci fossero alternative. Studiatene una, vi prego, avrei preferito poter decidere io quando chiudere quel portellone. Ma la cosa più spaventosa è chiaramente il rumore che produce il sistema quando si appresta a partire. Questo sì che va sistemato» affermo con forza. «Se la vostra intenzione è vendere la macchina… nessuno si fiderà mai a partire per chissà dove a bordo di un affare che sembra sul punto di esplodere. In ogni caso sarete felici di sapere che una volta partiti il malessere fisico che si prova fa dimenticare del tutto il disagio uditivo. Immagino sia parte del gioco, ma, signori miei!» esclamo drammaticamente. «Se dovessi descrivere la sensazione, direi… » lascio un’altra pausa per far crescere l’aspettativa accarezzandomi il mento con calma. «Direi che è stato un po’ come sentirsi risucchiati verso un altro posto e schiacciati contro il seggiolino, contemporaneamente. Mi sarei aspettato un qualche dolore alle orecchie, come quello dovuto alla pressurizzazione in aereo, invece niente. In compenso la testa pareva esplodermi. Non è esplosa» alzo le spalle, «ma l’ho temuto, per interi minuti. Forse sarebbe opportuno indicarlo negli effetti standard del viaggio, per non spaventare le persone. Oh, e gli occhi! Hanno iniziato a bruciarmi ben prima del lampo di luce dovuto al passaggio temporale, mi è parso che mi si fosse rinsecchita la retina… sensazione che ho continuato a provare anche dall’altra parte, per un po’. Tremendo. La parte peggiore, ora che ci penso, è stata non poter portare le mani agli occhi per proteggermi dalla luce. A causa dell’intorpidimento degli arti, s’intende. Mi rendo conto sarebbe stato inutile» ragiono, «ma avrebbe dato sollievo psicologico, quantomeno. Beh, alla fine il viaggio è terminato e mi sono ritrovato dall’altra parte. È necessario un po’ di tempo per riprendersi fisicamente, ve lo dico chiaro e tondo, e questo potrebbe essere un problema se si approda con una navicella iper tecnologica in certe epoche passate».
Mi interrompo per riprendere fiato. Lentamente mi porto alle labbra il bicchiere d’acqua gentilmente offertomi all’inizio del report, e mi godo il brusio estasiato che si alza tutto attorno a me. «Sicuramente avrete già visionato tutto il materiale video che ho prodotto… » riprendo, «e una cosa giusta l’abbiamo fatta: sono approdato all’interno di una stalla. Al chiuso, al sicuro, lontano da centri abitati potenzialmente pericolosi. Chiaramente non è stato semplice individuare il periodo storico in cui sono arrivato. Ho dovuto domandarlo a un autoctono» sbuffo sconcertato. «Ed ecco un’altra mancanza grave: va bene non poter scegliere il momento d’arrivo… ma la macchina deve assolutamente mostrare la data in cui mi ha spedito, una volta che mi ci spedisce! Uno schermo, un visualizzatore, bisogna che vi inventiate qualcosa! Il rischio è molto alto, capirete bene. Parlare con gli autoctoni» scuoto il capo con disapprovazione.
Tutti pendono dalle mie labbra, l’attesa e l’aspettativa sono palpabili, ed io li faccio penare ancora un po’ prima di rivelare altro. «Beh, l’ho fatto. E sono sopravvissuto per raccontarvelo». Mi appoggio nuovamente allo schienale e faccio vagare lo sguardo sui presenti. «Una volta ispezionata la stalla- niente di speciale, attrezzi in legno e ferro battuto, fieno e paglia accatastati su un soppalco rudimentale, tutti oggetti che potevano suggerirmi un’epoca qualsiasi dall’antico impero romano al ventesimo secolo-, mi sono fatto coraggio e sono uscito all’aperto. Fortuna vuole che abbia incontrato un ragazzino: è stato a lui che mi sono rivolto. Beh, già osservandolo una qualche idea me l’ero fatta: per quanto portasse semplici abiti da garzone, ho subito notato il taglio tipico del tredicesimo secolo». Aspetto che qualcuno mi domandi come io sia arrivato a questa brillante conclusione, ma nessuno lo fa, così proseguo. «Ho tentato di sfruttare le poche conoscenze del volgare che possiedo, rendendo il mio linguaggio meno… moderno. Il ragazzino era troppo giovane per insospettirsi, fortunatamente, ma pensate se per prima cosa mi fossi imbattuto in un soldato, una guardia, un ecclesiastico! Il rischio è immane». Bevo un altro goccio d’acqua per riprendere fiato, la sola idea del pericolo che ho corso mi fa sudare freddo. «Beh, non ho tratto da lui molte informazioni- era solo un bambino» riprendo, «escluso il fatto che mi trovavo effettivamente intorno al 1240, decennio più decennio meno. Vi dirò, non ho fatto molto altro: mi sono spinto fino a un ruscello poco distante dalla cascina, e tornando indietro ho esplorato il granaio. La proprietà doveva essere di contadini, perché ho trovato più macchinari da lavoro che altro. Niente carrozze o calessi, ed è stato una vera disdetta perché studiare mezzi di trasporto dell’epoca mi avrebbe entusiasmato non poco. Chiaramente è stato affascinante osservare l’aratro e le altre cose, ma forse prepararsi a dei viaggi nei centri abitati sarebbe più… stimolante. Certo, di gran lunga più rischioso al contempo» ritratto in fretta.
Nella sala riunioni ora c’è silenzio. «Ebbene signori, dopo l’ispezione del granaio, della stalla e anche di alcuni punti dell’aia- mai troppo vicini alla casa padronale, s’intende, ho deciso che sarebbe stato più saggio tornare indietro; e così ho fatto. Eccomi qui» concluso allargando le braccia.
I miei spettatori sembrano leggermente interdetti, e non capisco proprio perché. Pretendevano mi fermassi più a lungo, vagando in un tempo sconosciuto, e nello specifico nel Medioevo? Rischiando di venire accusato di stregoneria e bruciato sul rogo? L’avrei fatto se a capitarmi fosse stato il 500 a.c., oppure gli anni ‘20 del novecento, ma il Medioevo… Sì, va bene, ci si è curati di partire e arrivare in un luogo rurale proprio per evitare i rischi delle città, mi è stato assicurato un milione di volte che anche nel caso di contatti diretti con gli autoctoni non avrei corso alcun pericolo, a prescindere dall’epoca che avrei trovato… ma pretendevano davvero che corressi il rischio?
Io penso di essermela cavata più che bene, e i miei racconti diventeranno famosi in tutto il mondo, non importa quanto mi sono trattenuto laggiù. Famosi in tutto il mondo. Così come me. Sono il primo, come Juri Gagarin e Cristoforo Colombo, e nessuno dimenticherà mai il mio nome.
La scomodità del seggiolino della macchina del tempo, tutto sommato, mi sembra un fastidio insignificante.




Divertente, dettagliato, ma molto scorrevole e piacevole😊 ! ti fa immaginare bene la scena e i suoi personaggi!
Davvero molto accurato! Soprattutto il modo in cui lui spiega che in alcuni punti mi ha fatto spaccare ahaha e il fatto che da una recensione del viaggio molto critica, da quel tocco che lascia la curiosità perché uno si aspetta una recensione incredibile trattandosi di viaggi nel tempo
Bello! E di certo molto diverso da un banale racconto su una macchina del tempo, secondo me hai fatto bene a raccontare aspetti più "tecnici" che nessuno, o quasi, sceglie mai di mettere in luce