METAMATERIALI: spiegati dal semplice al complesso.
- rossanazancanaro

- 22 ott 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 17 mar 2022
Il termine metamateriale deriva dalla composizione delle parole greche “meta” e “materiale”, ovvero “ciò che va oltre il materiale”, e si riferisce a materiali che, rispetto a quelli convenzionali, presentano proprietà che vanno “oltre”.
Realizzati per la prima volta negli anni Novanta del novecento, la loro esistenza venne teorizzata ben prima, fin dagli anni Trenta, inizialmente da fisici russi quali Leonid I. Mandel´štam e Viktor G. Veselago, poi da Sir John B. Pendry, ricercatore presso l’Imperial college di Londra, che per primo suggerì come un tale materiale potesse essere costruito, rivisitando i calcoli di Veselago.
Oggi i metamateriali vengono sfruttati in molte branche dell’ingegneria grazie alle caratteristiche del tutto particolari che posseggono, e che andremo a indagare qui di seguito.
Andiamo per gradi: i metamateriali, che cosa sono?
Sono una sottocategoria di materiali compositi artificiali la cui microstruttura è progettata in modo da produrre nuove caratteristiche che non si trovano in natura. All’interno della suddetta microstruttura, ad alcune molecole vengono sostituite unità costitutive artificiali chiamate unit cell, blocchi unitari o metaatomi, assemblate secondo una certa periodicità spaziale appositamente progettata.
Le loro principali applicazioni sono correlate all’assorbimento e/o allo smorzamento di onde di diverso genere, da quelle della luce alle onde sonore.
→ Ma che differenza c’è tra metamateriali e materiali compositi artificiali?
La differenza fondamentale è che i metamateriali presentano caratteristiche insolite, che in natura non esistono (un esempio? La densità negativa).
I materiali compositi vengono creati manipolando la struttura microscopica di un primo materiale detto matrice, disperdendo al suo interno atomi di un secondo materiale detto rinforzo. Le proprietà che il composito possiederà saranno migliori di quelle di matrice e rinforzo presi singolarmente, perché si saranno sommate le proprietà più vantaggiose dei due materiali.
Le proprietà dei metamateriali, invece, non nascono da quelle degli atomi che lo compongono, ma da funzioni di risposta della cella base, qualitativamente nuove, che non sono osservate nei singoli materiali costituenti.
Come funzionano i metamateriali, basilarmente?
Una condizione fondamentale che le celle che formano un metamateriale devono soddisfare è quella di avere dimensioni molto più piccole rispetto alla lunghezza d’onda della radiazione con cui interagiscono, solitamente per un rapporto pari a a ≤ 1/4 λ . Questo dipende dal fatto che la radiazione valuta la risposta del materiale operando una media su un volume che ha dimensioni dell’ordine del cubo della sua lunghezza d’onda.
Secondo questo criterio, risulta semplice creare materiali adatti a interazioni con le microonde, che hanno lunghezze d’onda λ dell’ordine di un centimetro: i blocchi unitari di costruzione del materiale dovranno avere dimensioni dell’ordine del millimetro. Lavorando nel campo dell’infrarosso o del visibile, invece, λ è dell’ordine dei nanometri e bisognerebbe creare strutture di dimensioni micrometriche, cosa che se non è impossibile risulta comunque piuttosto difficile!
È evidente come l’ampia gamma di selettività della lunghezza d'onda dei metamateriali accresca molto il loro campo di applicazione.
Entriamo più nel dettaglio.
I metamateriali più studiati sono sicuramente quelli elettromagnetici, tra i quali si distinguono i cosiddetti NIM, Negative Index Materials.

Come il nome suggerisce, essi presentano un indice di rifrazione negativo. Questo vuol dire che la terna formata dai vettori campo elettrico, campo magnetico, e vettore di propagazione di un’onda elettromagnetica non è destrorsa ma sinistrorsa.

→ Cosa vuol dire?
Le proprietà ottiche di un materiale sono riconducibili in larga misura al suo indice di rifrazione, n, che ne caratterizza le proprietà rifrattive.
Consideriamo la soluzione delle equazioni di Maxwell (che descrivono il comportamento ondulatorio della luce): n= √(ε*μ) , con ε costante dielettrica e μ permeabilità magnetica del materiale preso in esame.
Per qualunque materiale, ε e μ sono numeri complessi la cui parte immaginaria, che è sempre positiva, è legata all’assorbimento del materiale. Ne consegue che anche l’indice di rifrazione è una quantità complessa, la cui parte immaginaria (positiva) è legata alla quantità di energia dell’onda che è assorbita dal materiale. Se la parte immaginaria fosse negativa il materiale non sarebbe più assorbente, ma amplificherebbe la radiazione che vi passa attraverso (come i laser); per cui, se la necessità è quella di avere un materiale che non amplifichi ma che assorba, e che quindi abbia le parti reali di ε e μ negative, ricordando che le parti immaginarie di ε, μ e n sono sempre positive, ne deriva che la parte reale di n deve essere per forza di cose negativa.
Tornando alla soluzione precedente: n= √(ε*μ) , è evidente che se n è negativo anche la radice deve esserlo. Ma ε e μ sono contemporaneamente negative, per questo motivo nel caso dei metamateriali la soluzione corretta alle equazioni di Maxwell da considerare è n= -√(ε*μ) .
→ Ma avere un indice di rifrazione negativo, cosa comporta in modo pratico?
Innanzitutto i NIM presentano dei comportamenti anomali (un esempio? L'effetto Doppler e l'effetto Čerenkov sono invertiti); inoltre permettono di produrre funzionalità eccezionali quali: la capacità di costruire sistemi ottici detti superlenti che presenterebbero una risoluzione molto migliore di quella delle lenti comuni, e addirittura di rendere invisibili oggetti macroscopici, anche se un’invisibilità perfetta non è ancora stata creata.
Spendiamo ora qualche parola riguardo un’altra tipologia di metamateriali ampiamente utilizzata: quella dei metamateriali acustici.
Essi presentano caratteristiche interessanti, per primo il fatto che alcune proprietà come la compressibilità o la densità possono essere negative, cosa che li rende più funzionali dei materiali convenzionali quando interagiscono con basse frequenze. Queste, infatti, sono difficilmente assorbibili dai comuni materiali di smorzamento in quanto l'ordine di grandezza della lunghezza d'onda è 1 m, mentre lo spessore ragionevolmente conferibile ai suddetti materiali è molto minore. La struttura dei metamateriali acustici, invece, non rispettando, su scala globale alla risonanza, proprietà fisiche come la densità positiva, riesce facilmente ad aggirare questa problematica.
Essendo ottimi quando si tratta di assorbire e/o smorzare le vibrazioni, negli ultimi anni sono stati ampiamente utilizzati in ambito aeronautico e aerospaziale, ad esempio per limitare il rumore in cabina o assorbire vibrazioni che porterebbero problematiche strutturali (oltre ad essere un fattore di disturbo per il pilota).
Insomma, alla fine di tutta questa complessa spiegazione si può concludere che probabilmente i metamateriali saranno i materiali del futuro.
Immaginate un pannello capace di assorbire il 94% delle onde sonore, una lente di microscopio perfetta, capace di riflettere tutti i raggi con cui viene in contatto, o ancora una parete che risulti perfettamente invisibile ma solamente da un lato.
Le applicazioni per tecnologie di questo tipo sarebbero pressoché infinite, l’unico limite sarà l’immaginazione.




Commenti